Leggi a tutela del Pianeta Handicap – un’ipocrisia tutta italiana!

tenuto […]

tenuto conto

  • della Legge 3 marzo 2009, n. 18 Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità”, (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009);
  • del Testo Unico sull’edilizia n. 380 del 2001, rimodulando peraltro Norme già introdotte dal 1986 con la legge n.41, che prevede – all’art.82, che tutte le nuove “opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico – che sono suscettibili di limitare l’accessibilità e la visitabilità, sono eseguite in conformità al DPR. n.503 del 1996 e al decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n.236 del 1989”;
  • degli articoli 4, comma 6, Legge 11 febbraio 1994, n.109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), dell’articolo 32 – commi 20/25, Legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Legge per la eliminazione barriere architettoniche negli edifici pubblici), del D.M. 14 giugno 1989, n. 236 e della Legge 09 gennaio 1989, n. 13;
  • che gli edifici pubblici già esistenti e non ancora adeguati alle prescrizioni delle citate norme, l’art.32 della suddetta legge n.41 prevede fin dal 1986 che “devono essere adottati – da parte delle Amministrazioni competenti, appositi piani di eliminazione delle barriere architettoniche” (P.E.B.A.), modificati in base all’art.24 della citata legge 104, “con integrazioni relative all’accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all’individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all’installazione di semafori acustici per non vedenti, e alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone con disabilità”;
  • il D.M.10 marzo 1998, recante “criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro” prevede, al punto 8.3 dell’allegato, I (“assistenza alle persone disabili in caso di incendio”), che “il datore di lavoro deve individuare per le necessità particolari dei lavoratori disabili nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di evacuazione del luogo di lavoro;
  • dell’art.4 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la legge n.18 del 2009, prevede poi che “gli Stati Parti si impegnano a garantire che le autorità pubbliche agiscano in conformità con la Convenzione e ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella Convenzione”;
  • della Legge Quadro Nazionale sull’handicap D.P.R. 05 febbraio 1992 n. 104 – segnatamente agli articoli 8, 24 e correlati, nonché del D.P.R. 503 del 1996;
  • per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, numero 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della Legge 3 marzo 2009, n. 18;
  • dell’art. 2 lett. G) del DM 236/89 e dell’Art. 82 comma 7 del DPR 380/2001 (v. già art. 24 comma VII L. n. 104/92);
  • che per le opere realizzate dietro presentazione di segnalazione certificata di inizio attività, il progettista assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale. In caso di dichiarazioni non veritiere nella relazione di cui all’articolo 23, comma 1, l’amministrazione ne dà comunicazione al competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari ”;
  • degli ormai numerosi e mirati pronunciamenti delle Magistrature Italiane, non da ultimo la Sentenza n. 1710 del 14 novembre 2017, con la quale la Corte di Appello di Ancona aveva condannato un Comune per discriminazione indiretta ai sensi della Legge 67/06(Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), poi praticamente confermata da uno storico e definitivo pronunciamento della Suprema Corte di Cassazione che – con la Sentenza n. 3691/20, ha rigettato il ricorso di quel Comune, condannando anzi chi lo aveva proposto alle spese relative al giudizio di legittimità;
  • che a causa di un bancomat inaccessibile, proprio perché presente una barriera architettonica, un istituto bancario è stato condannato, con Sentenza definitiva della Cassazione civile, sez. III, sentenza 23/09/2016 n° 18762 (Pubblicata il 17/10/2016), ponendo in risalto la Costituzione italiana, quando afferma il principio di uguaglianza, formale e sostanziale, disponendo che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Il legislatore ha negli anni più volte cercato di intervenire in favore di tutti quei soggetti considerati “più deboli” rispetto alla maggior parte dei cittadini. Un esempio interessante – come già nei precedenti punti, è la Legge 5 febbraio 1992, n. 104, contenente misure per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, che all’art. 24, comma 1 , dispone che “tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l’accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236”.  Successivamente la Legge 1° marzo 2006, n. 67, intitolata “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, conferma la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti ritenuti discriminatori, direttamente o indirettamente, come meglio descritti nell’art. 2 della medesima legge. Da un punto di vista più pratico è da citare anche la Legge 9 gennaio 1989, n. 13, contenente disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.  Nel caso di specie la corte di Cassazione, con Sent., Sez. III civ., n. 18762 del 23 settembre 2016, analizza la conformità di uno dispositivo “bancomat” installato da un istituto di credito in un edificio privato, ma aperto al pubblico, alle norme relative all’abbattimento delle barriere architettoniche a tutela di persona disabili. La Corte statuisce che costituisce barriera architettonica, che va eliminata, l’ostacolo alla comoda ed autonoma utilizzazione, da parte di persona con ridotta o impedita capacità motoria, del suddetto dispositivo “bancomat”, senza che rilevi l’assenza di una norma ad hoc che costringa la banca ad abbattere dette barriere architettoniche.  La Corte conclude conferma, a favore di coloro che siano incappate in un tale disagio, l’applicazione della tutela giurisdizionale antidiscriminatoria di cui all’art. 3 della Legge 67/2003, al fine di vedere riconosciuto e ristorato il danno subito.

Data:

9 Marzo 2023

Autore articolo:

anadimi

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