L’attacco alla Svizzera che chiude tre valichi e chiede il certificato penale agli italiani. Convocato l’ambasciatore (Fonte Redazione Tiscali news).
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La presidente del Comitato parlamentare di controllo sull’applicazione del Trattato, Ravetto, avverte: “Inaccettabile discriminazione”.
La norma è in vigore da almeno due anni, ma sta ancora facendo discutere. La “discriminazione” si consuma tutti i giorni nei tre valichi al confine tra Svizzera e Italia, passaggio obbligato per migliaia di transfrontalieri lombardi che lavorano nel Canton Ticino. La norma messa a punto dalla polizia elvetica prevede la richiesta del certificato giudiziario a chi proviene dall’Italia a cui si aggiunge, misura recentissima, la chiusura dei tre caselli nelle ore notturne per motivi di “sicurezza”. La reazione del governo, dopo le denunce sollevate dalla presidente del comitato parlamentare per l’applicazione del Trattato di Shengen, Laura Ravetto, non si fa attendere e convoca d’urgenza l’ambasciatore della Confederazione svizzera Giancarlo Kessler.
Il ministero prende dunque posizione, dopo le polemiche che hanno accompagnato il provvedimento entrato in vigore il primo aprile. Ma l’occasione serve anche all’Italia per richiamare la Svizzera al rispetto delle regole, e tutelare i transfrontalieri italiani. “Né il governo né la Commissione europea sono stati informati delle decisioni svizzere. Per questo ho convocato l’ambasciatore di Berna per un’audizione. Ho poi predisposto una lettera per i ministri di Esteri e Interno perché si attivino per capire quel che succede”, ha spiegato.
In particolare la deputata vuole ottenere lumi sulla misura del certificato penale, già oggetto (due anni fa) della convocazione dell’ambasciatore elvetico. “Non risulta — spiega la deputata — che misure simili siano state prese per i cittadini francesi o tedeschi nella Svizzera settentrionale”. E non finisce qui, perché altri punti di frontiera verranno chiusi e sul fronte del certificato penale non ci sarà nessuna marcia indietro. Del resto, ha detto il responsabile del dipartimento della sicurezza, Norman Gobbi, “Chi è in regola non ha nulla da temere”. E giustifica la misura insistendo sul fatto che l’Italia è piena di organizzazioni criminali. Poi spiega che il certificato viene chiesto a chiunque arrivi dall’Italia per lavorare in Svizzera, anche se non è italiano.
Ravetto, volata nel Cantone italianofono per parlare con le autorità elvetiche, “ha fatto presente che queste decisioni rappresentano una potenziale violazione dell’accordo di Schengen che prevede che i cittadini di tutti i Paesi che hanno firmato l’accordo siano trattati in maniera non discriminatoria e circolino liberamente”. Poi insiste sul fatto che “la Svizzera ha saputo attuare un’efficace politica fiscale che ha attratto nel suo territorio parecchie imprese italiane. Ma non si possono prendere le imprese e discriminare i lombardi”. Tra l’altro, ricorda la deputata di Forza Italia, polemicamente, che “in Ticino il tasso di disoccupazione è bassissimo. Non vorrei che fosse un’iniziativa propagandistica di alcuni partiti identitari del Cantone”. Gobbi non sembra intimidito e rassicura sul fatto che gli altri valichi resteranno aperti per i transfrontalieri italiani.
Convocato l’ambasciatore
L’ambasciatore della Confederazione Svizzera Giancarlo Kessler è stato convocato d’urgenza alla Farnesina sulla questione della chiusura notturna di tre valichi di frontiera, nonché sulle dichiarazioni che hanno accompagnato la decisione elvetica. Lo fa sapere in una nota il ministero degli Esteri. Kessler – si legge in una nota della Farnesina – ha sottolineato al riguardo come si tratti di una misura temporanea e sperimentale, che andrà presto rivista nel quadro di un ulteriore miglioramento della collaborazione fra forze di sicurezza, alla luce dell’accordo vigente fra le polizie dei due Paesi. Con l’occasione, da parte italiana è stata nuovamente ribadita la richiesta di pervenire nel più breve tempo possibile al superamento delle procedure di controllo del casellario giudiziario, che si applicano nei confronti dei soli lavoratori transfrontalieri italiani. Come riconosciuto da parte svizzera, esse rappresentano una violazione dell’accordo sulla libera circolazione. L’ambasciatore ha assicurato che da parte elvetica si sta operando per porre un termine a tali procedure, introducendo se del caso misure euro-compatibili.